Il culto dei morti nell’Antico Egitto

Il culto dei morti nell’Antico Egitto

Le piramidi d’Egitto non sono solo enormi mausolei in cui i faraoni, adorati dal popolo come dei, trovavano il riposo eterno, ma sono una testimonianza imponente del culto che quel grande popolo aveva per i propri defunti.

Parliamo, come abitudine, di “riposo”, ma in realtà il defunto non riposava affatto, anzi, nella tradizione egizia, si metteva in cammino per superare dodici porte, “controllate” da altrettanti demoni. Ad ogni ora della notte, il faraone doveva superare una prova fino allo scontro con Apophis, il demone del caos, e al passaggio dell’ultimo varco che gli consentiva di entrare, in corpo e anima, nell’Egitto degli dei, luogo della beatitudine eterna.

Le piramidi: scenario di un viaggio in principio riservato solo al faraone

Si comprende così il motivo per cui le piramidi fossero, al loro interno, così complesse, fatte di chilometri di gallerie che s’incontravano tra loro e di tante camere e celle, alcune invisibili ad occhio umano. Ed è così sin dal 2648 a.C., quando il faraone Zoser fece edificare una costruzione di sessanta metri d’altezza, un’opera maestosa, di ingegneria avanzatissima e bella come si addice ad un re. È anche per questo che tante sepolture sono ancora nascoste e le piramidi custodiscono segreti non rivelati. La camera del faraone era la più difficile da raggiungere ed era sigillata dall’esterno.
Se poi, inizialmente, solo il faraone aveva il privilegio del viaggio nell’oltretomba, nei secoli successivi si pensò che anche agli uomini del popolo fosse la riconosciuta la possibilità di rinascere in corpo e anima in un altrove di felicità.

Cibo e gioielli accompagnavano il defunto nel viaggio verso l’aldilà

Il viaggio doveva essere reso più agevole da alimenti e bevande o dagli oggetti, soprattutto preziosi, cari al defunto. Si continuava insomma a vivere anche dopo la morte. Ma perché il corpo potesse risorgere occorreva che rimanesse integro. Prima della sepoltura veniva trattato per settanta giorni. Gli organi interni, fatta eccezione per il cuore, che sarebbe stato sottoposto a giudizio, erano essiccati e depositati in vasi sacri.
Il cadavere era poi lavato con mirra, cannella ed essenze profumate, prima di essere di nuovo lavato e bendato con il lino. Sul petto era posto uno scarabeo, simbolo della risurrezione.